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Riepilogo del processo di produzione del carburo di silicio (SiC).

2025-10-16

Carburo di siliciogli abrasivi vengono generalmente prodotti utilizzando quarzo e coke di petrolio come materie prime primarie. Nella fase preparatoria, questi materiali vengono sottoposti a lavorazione meccanica per ottenere la dimensione delle particelle desiderata prima di essere proporzionati chimicamente nella carica del forno.Per regolare la permeabilità della carica del forno, durante la miscelazione viene aggiunta un'adeguata quantità di segatura. Per la produzione del carburo di silicio verde nella carica del forno viene aggiunta anche una certa quantità di sale.


La carica del forno viene caricata in un forno a resistenza di tipo batch, che presenta pareti terminali su entrambe le estremità con elettrodi di grafite posizionati vicino al centro. Il corpo centrale del forno collega i due elettrodi, circondati da materiali reattivi di carica del forno, mentre i materiali isolanti racchiudono il perimetro esterno. Durante il funzionamento, l'energia elettrica riscalda il nucleo del forno a temperature comprese tra 2600 e 2700°C. Il calore viene trasferito dalla superficie del nucleo ai materiali di carica che, superando i 1450°C, subiscono reazioni chimiche per formare carburo di silicio rilasciando monossido di carbonio.


Man mano che il processo continua, la zona ad alta temperatura si espande, formando progressivamente più cristalli di carburo di silicio. Questi cristalli evaporano, migrano e crescono all'interno della fornace, fondendosi infine in una massa cristallizzata cilindrica. Le pareti interne di questa massa sono esposte a temperature superiori a 2600°C, provocando una decomposizione che rilascia silicio, che poi si ricombina con il carbonio per formare nuovo carburo di silicio.


La distribuzione dell'energia elettrica varia in tre fasi operative:

1.Fase iniziale: utilizzata principalmente per il riscaldamento della carica del forno

2.Fase intermedia: percentuale maggiore per la formazione di carburo di silicio

3.Fase finale: dominata dalle perdite termiche



Vengono sviluppate relazioni ottimali tra potenza e tempo per massimizzare l'efficienza termica, con durate operative tipiche di circa 24 ore per forni su larga scala per facilitare il coordinamento del flusso di lavoro.


Durante il funzionamento si verificano reazioni secondarie che coinvolgono varie impurità e sali, causando lo spostamento del materiale e la riduzione del volume. Il monossido di carbonio prodotto fuoriesce come inquinante atmosferico. Dopo lo spegnimento, le reazioni residue persistono per 3-4 ore a causa dell'inerzia termica, anche se con intensità significativamente ridotta. Man mano che la temperatura superficiale diminuisce, la combustione incompleta del monossido di carbonio diventa più pronunciata, rendendo necessarie continue misure di sicurezza sul lavoro.


I materiali post-forno dagli strati esterni a quelli interni sono costituiti dai seguenti componenti:


(1) ‌Materiale di carica non reagito‌

Le parti della carica che non riescono a raggiungere la temperatura di reazione durante la fusione rimangono inerti e fungono esclusivamente da isolante. Questa zona è denominata fascia isolante. La composizione e i metodi di utilizzo differiscono notevolmente dalla zona di reazione. Alcuni processi comportano il caricamento di carica fresca in aree specifiche della fascia isolante durante il caricamento del forno, che viene recuperata dopo la fusione e miscelata nella carica di reazione come materiale calcinato. In alternativa, il materiale della fascia isolante non reagito può essere sottoposto a trattamento di rigenerazione aggiungendo coke e segatura per il riutilizzo come carica esaurita.

(2) ‌Strato di carburo di silicio ossidato‌

Questo strato semi-reagito contiene principalmente carbonio non reagito e silice (20-50% già convertito in SiC). La morfologia alterata di questi componenti li distingue dalla carica esaurita. La miscela silice-carbonio forma aggregati amorfi grigio-gialli con coesione sciolta, polverizzandosi facilmente sotto pressione, a differenza della carica esaurita in cui la silice mantiene la granularità originale.

(3) ‌Strato adesivo‌

Zona di transizione compatta tra lo strato ossidato e la zona amorfa, contenente il 5-10% di ossidi metallici (Fe, Al, Ca, Mg). La composizione della fase comprende silice/carbonio non reagito (40-60% SiC) e composti di silicato. La differenziazione dagli strati adiacenti diventa difficile a meno che le impurità non siano abbondanti, in particolare nei forni per SiC nero.

(4) ‌Zona amorfa‌

β-SiC prevalentemente cubico (70-90% SiC) con carbonio/silice residua (2-5% ossidi metallici). Il materiale friabile si sbriciola facilmente in polvere. I forni SiC neri producono zone amorfe nere, mentre i forni SiC verdi producono varianti verde-giallastre, a volte con sfumature di colore. Le particelle grossolane di silice o il coke a basso contenuto di carbonio possono creare strutture porose.

(5) ‌SiC di qualità secondaria‌

Composto da cristalli α-SiC (purezza 90-95%) troppo fragili per l'uso abrasivo. Distinto dal β-SiC amorfo (polveroso, opaco), il grado secondario presenta reticoli cristallini esagonali con lucentezza a specchio. La divisione tra gradi secondari e primari è puramente funzionale, sebbene i primi possano conservare strutture porose.

(6) ‌Cristalli SiC di grado primario‌

Il prodotto principale del forno: cristalli massicci di α-SiC (purezza >96%, spessore 50-450 mm). Questi blocchi fitti appaiono neri o verdi, con spessore che varia in base alla potenza della fornace e alla posizione.

(7) ‌Nucleo del forno in grafite‌

Adiacente al cilindro cristallino, il SiC decomposto forma repliche di grafite delle strutture cristalline originali. Il nucleo interno è costituito da grafite precaricata con grafitizzazione migliorata dopo il ciclo termico. Entrambi i tipi di grafite vengono riciclati come materiale di base per i lotti successivi del forno.










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